Il pignoramento è una delle misure esecutive di riscossione più temute dagli italiani: ecco quando si rischia di veder pignorata la pensione e quali sono i limiti oltre i quali è impossibile essere gravati da questa misura.
Tutti almeno una volta nella vita ci si trova nella situazione delicata di dover ritardare un pagamento e dunque di creare un debito verso un ente pubblico – il mancato pagamento di contributi o tasse – o verso terzi. Il ritardo nel pagamento di un debito generalmente assume come prima conseguenza l’aumento della cifra dovuta a causa di interessi e clausole applicate, ma se il ritardo diventa consistente potrebbe anche avviare la procedura di pignoramento.
![Uomo disperato](https://www.senioritalia.it/wp-content/uploads/2025/02/Pensioni-rischio-pignoramento-11022025-senioritalia.it_.jpg)
Come probabilmente saprete il pignoramento è un atto di riscossione forzata, attraverso il quale il creditore può prendere possesso di un bene mobile (denaro, auto o arredi ad esempio) o un bene immobile (appartamenti, magazzini, locali e terreni) o di un credito che il debitore possiede nei confronti di soggetti terzi come saldo del credito vantato nei suoi confronti.
La legge prevede che il pignoramento non può riguardare la prima casa nel caso in cui il debito è stato contratto con l’Agenzia delle Entrate o un Ente pubblico, ma non protegge la casa nel caso in cui il debito è stato contratto con privati e dunque anche nel caso di un mutuo accesso con una banca o una finanziaria.
Quando scatta il pignoramento e come fare a bloccarlo
Le nuove leggi hanno reso ancora più ingombrante l’incubo pignoramento. Adesso infatti l’Agenzia delle Entrate può avviare la procedura 60 giorni dopo aver notificato un avviso di pagamento. Fino all’anno scorso, scaduti i sessanta giorni di tempo per pagare, l’ente di riscossione doveva inviare una cartella esattoriale, ricevuta la quale erano a disposizione altri 60 giorni di tempo per pagare l’intera somma o concordare un ammortamento.
![scritta notifica](https://www.senioritalia.it/wp-content/uploads/2025/02/notifica-legale-11-2-25-senioritalia.it_.jpg)
In questi giorni si sta discutendo anche la riforma del fisco locale, che se approvata darà la possibilità agli enti di riscossione locali di agire direttamente sui contribuenti che non pagano Imu e Tari (senza dunque dover passare dall’Agenzia delle Entrate e dall’invio di una cartella esattoriale) e permetterà di avviare procedure di pignoramento a partire dai 60 giorni successivi alla notifica dell’avviso.
Al fine di scongiurare una simile situazione il debitore può tutt’ora concordare con l’ente di riscossione un pagamento rateale del debito di importo non inferiore ai 50 euro al mese. Il pagamento della prima rata sospende l’eventuale fermo amministrativo e blocca la procedura di pignoramento, ma basta il mancato pagamento di una rata per fare ripartire entrambe le misure.
Qualora il pignoramento riguardi lo stipendio o la pensione, sia l’Agenzia delle Entrate che il creditore privato non possono bloccare più del 20% dell’importo mensile. Inoltre stipendi e pensioni fino a 1.000 sono considerati impignorabili. Tali limiti servono a garantire il sostentamento del debitore, il quale potrebbe non avere più la possibilità di pagare i beni primari e le spese fisse.
L’Agenzia delle Entrate ha, poi, aggiornato le quote pignorabili:
1/10 per reddito fino a 2.500 euro al mese;
1/7 per reddito tra 2.501 euro e 5.000 euro al mese;
1/5 per redditi oltre 5.000 euro al mese.
Adesso che hai tutte le informazioni del caso puoi stare tranquillo, o almeno provarci.