Cosa si rischia lavorando in nero durante il periodo di disoccupazioni? Tutti i rischi per chi percepisce la NASPI.
In Italia il lavoro in nero è sempre illegale, tuttavia quando si sta percependo anche il sussidio di disoccupazioni le cose si complicano ulteriormente. La NASPI è infatti un sussidio economico destinato a chi si trova in stato di disoccupazione involontaria. Talvolta, capita che i beneficiari potrebbero decidere di lavorare in nero per arrotondare le proprie entrate.

Tuttavia, non si tratta di una pratica legale. Questo comportamento illecito può infatti comportare gravi conseguenze sia per il lavoratore che per il datore di lavoro. Scopriamo quindi quali sono i rischi.
Cosa succede se si lavora durante la disoccupazione
Innanzitutto c’è da capire quando è possibile richiedere l’indennità di disoccupazione. La Naspi infatti non viene erogata a tutte le persone che non hanno un lavoro. L’INPS la eroga ai lavoratori dipendenti che hanno perso il lavoro senza loro colpa. Possono beneficiarne anche coloro che si sono dimessi per giusta causa o il cui contratto di lavoro a termine non è stato rinnovato. Per poter accedere alla NASPI è poi necessario aver maturato almeno 13 settimane di contributi nei quattro anni precedenti la cessazione del rapporto di lavoro.

Come è facile intuire, l’erogazione della NASPI è incompatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa, salvo casi specifici in cui i guadagni siamo modesti. Nel caso in cui il lavoratore abbia un contratto a tempo determinato inferiore a sei mesi e con un reddito annuo non superiore a 8.500 euro, può continuare a percepire una parte della Naspi previa comunicazione all’Inps. Tuttavia, in questo caso il valore della disoccupazione viene ridotto dell’80% del reddito percepito. Nel caso in cui il lavoratore ha un contratto a tempo indeterminato, l’indennità decade immediatamente.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 51046 del 20 dicembre 2023 ha stabilito che chi lavora in nero nel periodo in cui percepisce la NASPI commette il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche, come previsto dall’articolo 316-ter del Codice Penale.
Il reato si configura anche se il lavoratore in nero guadagna meno di 8.500 euro annui e lavora per meno di sei mesi, in quanto l’obbligo di comunicare l’attività all’Inps rimane comunque valido. Il reato sussiste tuttavia solo nel caso che l’importo indebitamente percepito superi i 4.000 euro. Al di sotto di questa soglia, il lavoratore non rischia conseguenze penali ma è soggetto a una sanzione amministrativa, che varia da 5.164 a 25.822 euro, senza però superare il triplo del beneficio percepito.